Tra i primi provvedimenti emanati dal Governo per il contenimento del contagio epidemiologico, tutti conoscono la sospensione delle cerimonie religiose, dalle messe domenicali alle celebrazioni di tutti i sacramenti, quali battesimi, comunioni, cresime e matrimoni, inclusi persino i funerali.
Attualmente resistono i
matrimoni con rito civile, che avvengono davanti al Sindaco e alla presenza limitata di due soli testimoni, nel rispetto della distanza non inferiore a un metro. La scelta di celebrare il matrimonio civile è comunque sempre a discrezione del Comune, che potrebbe decidere di annullare comunque l'impegno.
Queste misure sospensive causano molte
ripercussioni di tipo organizzativo ed economico, non solo verso la comunità religiosa (si pensi alle difficoltà di trovare una nuova data disponibile; alle somme donate al Parroco per la celebrazione), ma soprattutto verso gli operatori del settore: dai wedding planner ai ristoratori, dai fotografi ai fioristi.
Molti si interrogano quindi su
come gestire la situazione dal lato economico e giuridico, soprattutto per quegli eventi fissati dall'estate in poi e non ancora oggetto di esplicite limitazioni.
Quando l'evento celebrativo è sospeso in esecuzione delle misure restrittive, è evidente che nessuna delle parti ha colpa se l'evento non può aver luogo. L'epidemia diventa la causa unica e inevitabile dell'impossibilità di rispettare gli accordi presi con i ristoranti, gli organizzatori, i fotografi e i fioristi.
L'epidemia costituisce pertanto una
causa di forza maggiore che rende impossibile il contratto.
L'
impossibilità sopravvenuta della prestazione contrattuale non imputabile a nessuna delle parti (artt. 1256 e 1463 c.c.), ha l'effetto di
sciogliere il contratto fin dall'inizio, come se non fosse mai stato stipulato, e obbliga ciascuna parte a
restituire all'altra quanto da questa ricevuto in forza del contratto.
Per legge, quindi, l'annullamento delle cerimonie a causa dall'epidemia comporta che dovranno essere
restituiti inevitabilmente tutti i
compensi già pagati e così anche le
caparre già anticipate.
Con una precisazione.
La restituzione di quanto versato è davvero utile per quei casi in cui il festeggiamento/cerimonia viene
annullato in via definitiva, senza possibilità di rinvio a data ulteriore (si pensi ai casi in cui il fotografo non abbia disponibilità per la nuova data; al matrimonio annullato che non viene posticipato perchè la quarantena ha fatto cambiare idea ai futuri sposi).
Se invece l'evento viene
rinviato a nuova data con l'accordo di tutti i contraenti, evidente che la restituzione della caparra già versata non avrebbe senso pratico.
Questo vale anche per gli
eventi fissati oltre la quarantena nazionale, ovvero dall'estate in poi?
É difficile prevedere quali modalità di celebrazione verranno predisposte una volta superato il rischio epidemiologico; pare invece certa l'introduzione di limitazioni, quali un numero massimo di invitati alla cerimonia, un numero massimo di ospiti nei ristoranti, l'imposizione della distanza di sicurezza.
In linea di massima, per questi eventi
non può prefigurarsi l'impossibilità sopravvenuta della prestazione, che resta in sé e per sé materialmente possibile, anche se con le dovute e obbligatorie limitazioni.
Non si potrebbe quindi chiedere uno scioglimento del contratto subordinato al rinvio a nuova data, come non si potrebbe chiedere una restituzione o una riduzione della caparra giustificata dal minor numero di invitati.
In questi casi resta quindi opportuno sentire fin da subito gli operatori scelti per i festeggiamenti e concordare alternative più favorevoli a entrambe le parti.
Ad ultimo, occorre precisare che
quanto sopra non vale per le somme donate all'Ente religioso per la celebrazione dell'evento. Tali somme infatti non sono configurate come corrispettivo di una controprestazione (cioè come prezzo per la celebrazione), ma sono propriamente
offertelibere. Questo significa che tali somme non saranno oggetto di restituzione: ai sensi dell'art. 2034 c.c. è infatti esclusa la restituzione di quanto pagato spontaneamente, per doveri morali o sociali.
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